Nei circoli di arti marziali di Pechino ben nota è la triste vicenda di Ma Weiqi, focoso talento del bagua che caro pagò il suo disprezzo per la virtù marziale (wude). Giovanissimo iniziò a studiare il wushu e, avendo udito della fama di Dong Haichuan, un giorno lo andò a cercare per sfidarlo. Haichuan lo piegò con la sua arte e Ma, toccato nel profondo, lo pregò di accoglierlo come allievo. Dong lo accolse e da quel momento, con grande impegno, Ma Weiqi tuffò tutto se stesso nello studio del bagua ottenendone per intero l’insegnamento ortodosso. Tra gli allievi di Dong Haichuan spiccò per talento ma si mostrò al tempo stesso arrogante e violento. Ad eccezione del maestro, che stimava e riveriva come una divinità in terra, tutti gli altri erano per lui assolute nullità e non perdeva occasione per esternare questo suo disprezzo.

Aveva aperto una rivendita di carbone nella città orientale (dongcheng) e per questo la gente lo chiamava “Ma il carbonaro”[1]. La fama della sua grande abilità marziale si diffuse in tutta la provincia di Hebei giungendo sino alle orecchie del principe Su. Incuriosito il principe lo fece chiamare per esaminarlo di persona. A palazzo era custodita una lancia di ferro lunga 4 metri e pesante 23 kg; il principe ordinò che fosse portata nella sala delle udienze e rivolto a Ma disse: “Conosci anche l’arte della lunga lancia?” La sala era piena di antichi e preziosi tesori: bronzi delle epoche Shang e Zhou, dipinti e calligrafie delle dinastie Tang e Song, rare giade e splendide porcellane ad ogni angolo. Danneggiare per errore uno solo di quegli oggetti avrebbe significato indebitarsi per tutta la vita. A chiunque sarebbero tremate le gambe, Ma Weiqi invece afferrò la lancia senza esitazione e prese a farla danzare all’interno della sala[2], usandola come fosse un’arma corta (changqi duanyong), cosa che solo un grande esperto nella disciplina del baguazhang avrebbe potuto fare. Sibilando come un turbine di vento invernale, la lunga lancia guizzò in tutte le otto direzioni con perfetta precisione. Andava e veniva come una stella cometa, così rapida e continua che a malapena si riusciva a vederla. Al termine dell’esibizione Ma la ripose al fianco. Il suo fiato non era alterato, il colore del suo volto non era mutato. Il principe Su gli chiese entusiasta: “Oh abile guerriero, quale professione svolgete attualmente?” Gonfio d’orgoglio, Ma Weiqi trasse dalla tasca una fiaschetta di tabacco da fiuto e diede una rumorosa sniffata dopodiché rispose: “Sono Ma il carbonaro e vendo carbone!” Che rozze maniere e villane parole! Il principe capì che quell’uomo dall’abilità micidiale non poteva essere utilizzarlo. Aveva per un attimo pensato di offrirgli un grado di maggiore dell’esercito ma il timore che un villano non fosse adatto a un simile ruolo lo fece prontamente desistere. Così ordinò che gli fossero consegnati mille pezzi d’argento quale ricompensa e lo congedò.

Yin De’an[3] e Li Zhongyuan[4] che erano compagni di studi di Ma Weiqi, più volte l’esortarono a coltivare la virtù marziale (wude) ma lui non diede loro alcun ascolto, anzi, dopo le lodi del principe, divenne ancor più arrogante e presuntuoso. Amava combattere per puro divertimento e ogni volta che si misurava con qualcuno, lo feriva alla prima mossa. A causa di ciò tutti presero ad evitarlo e a chiamarlo alle spalle: dongbatian – il “tiranno della città orientale”.

 

Un giorno una scorta valori di nome Zhao Keli si trovò a passare per Pechino e pensò di porgere i suoi omaggi al famoso Ma Weiqi, secondo quella che era una consuetudine della gente del sud per stabilire contatti e relazioni amichevoli in altre province. Non appena giunse al cospetto di Ma, questi lo apostrofò malamente: “Tu come osi venire ad incontrarmi?” e alle parole fece subito seguire le mani. Zhao Keli era un ragazzo giovane e dal temperamento sanguigno e non era disposto a lasciarsi umiliare. In un attimo i due si affrontarono senza esclusione di colpi. Zhao fu colpito da un palmo di Ma al fianco destro che lo privò del respiro. Solo grazie al tempestivo intervento dei suoi compagni poté salvarsi e impiegò più di un mese per riprendersi completamente.

Ma Weiqi per contro diventava sempre più rissoso e violento. Sempre più gente prese a detestarlo e a nutrire sentimenti vendicativi nei suoi confronti. Nei circoli di wushu di quel periodo nessuno voleva averci rapporti e pian piano tutti lo abbandonarono, persino i compagni di studio.

Un giorno stava passeggiando davanti alla porta di casa quando gli si fece incontro un uomo alto e robusto con in mano un ventaglio di paglia intrecciata. “Vive qui Ma il carbonaro!” – chiese lo sconosciuto. “Certo!” – rispose Ma Weiqi. Lo straniero varcò la porta senza tanti convenevoli e guardando le armi appese alle mure di casa disse: “Forse anche il proprietario di queste stanze conosce il combattimento!?!” Ma s’infuocò immediatamente: “Chi non sa che io sono Ma Weiqi! Dimmi invece chi sei tu piuttosto, che osi entrare nella mia casa senza invito e con questo fare baldanzoso?!” L’ospite disse allora: “Non si potrebbe avere un confronto e stabilire chi di noi sia il migliore?” Ma Weiqi bolliva già dalla rabbia e senza pensarci due volte prese posizione al centro della stanza. Ruotando circolarmente iniziò ad attaccare lo sconosciuto con il suo baguazhang. L’ospite, con assoluta indifferenza, senza slacciare l’abito e col ventaglio in mano, schivò i suoi attacchi con gran naturalezza e facilità spostandosi col passo della gru (hebu). Ma Weiqi capì di aver di fronte un avversario temibile e in lui divampò ancor più violento il fuoco della rabbia. Tirò fuori tutta l’abilità che possedeva in corpo e prese ad attaccare a destra e caricare a sinistra, incalzando irruente e senza lasciar spazi. Ma nemmeno così riuscì a giungere a bersaglio. Si rese conto d’aver di fronte un uomo davvero fuori dal comune ma non ebbe l’avvedutezza di porre rimedio ai suoi errori. Frustrato e inferocito prese una sciabola dal muro e si gettò sullo sconosciuto fendendo in tutte le direzioni. L’ospite non si scompose minimamente. Mantenne le sue posizioni e i suoi gesti perfettamente sotto controllo, con una mano sollevò il lembo anteriore della veste e con l’altra agitò il ventaglio, senza affannarsi senza rompere la sua struttura. Il respirò non si fece ansimante, i passi trovarono sempre ove appoggiare, nell’avanzare e nell’indietreggiare, nel ruotare e nel voltarsi, nello schivare e nell’evitare il suo metodo risultò impeccabile. La sciabola di Ma Weiqi non riuscì a toccare il suo corpo. Ancor più furioso il carbonaro spinse l’avversario verso un angolo della stanza, sollevò la sciabola e cercò di mozzargli il collo con un fendente orizzontale. L’ospite reagì prontamente e, agile come una scimmia, gli girò alle spalle. Col ventaglio gli spazzolò leggermente la nuca e lo ammonì con queste parole: “Il tuo bagua necessita ancora di essere allenato con impegno prima di poter passare al duello!” e detto ciò prese la porta e scomparve. Ma lo rincorse chiedendogli il nome, al che lo sconosciuto rispose: “Sono uno della tua stessa scuola!”

Qualche giorno più tardi Ma Weiqi lo incontrò di nuovo e senza dire una parola gli si avventò contro. Vedendo che la lezione di pochi giorni prima non era servita a cambiarlo, dopo tre scambi lo sconosciuto lo colpì leggermente al fianco destro col palmo della mano e senza dire una parola se ne andò. Nessuno lo rivide mai più né seppe che fine avesse fatto. Ma Weiqi controllò il suo corpo ma non notò alcuna ferita e rassicurato rincasò. All’alba del giorno dopo fu svegliato da un dolore insopportabile al fianco destro e quando guardò vide un’impronta di mano color viola scuro sul suo costato. I compagni capirono che l’uomo col quale s’era battuto non era persona qualunque e corsero a riferirlo a Dong Haichuan. Il maestro, all’epoca già anziano, salì su una portantina e si fece portare immediatamente a casa dell’allievo. Con una mano gli sfiorò la ferita e in lacrime disse: “Questa è opera di Sha il musulmano; te la sei cercata! Quand’ero a servizio presso il principe Su ebbi come primo allievo questo Sha che era un musulmano intrepido e spavaldo. Amava lavare le ingiustizie del prossimo e per questo la gente lo chiamava Sha ‘il vendicatore’. Tra le sue arti possedeva quella micidiale del ‘palmo della polvere di ferro’ (tieshazhang) ed è con questo che ti ha colpito. La sua abilità era profonda ma io lo sconfissi in duello umiliandolo agli occhi della corte. Egli mi pregò di accettarlo come allievo e di fronte al principe Su non potei rifiutare!” Dong aggiunse qualche frase di conforto e poi si accomiatò. Sulla porta di casa disse agli altri allievi: “Per lui non c’è più nulla da fare, il suo destino è segnato!” Dopo qualche giorno Ma il carbonaro morì; aveva solo ventinove anni.

Questa è la sua storia, la storia di uomo che aveva in corpo un’abilità eccelsa ma la cui vita fu breve come un fiore mattutino. Che i suoi errori siano di monito a tutti i combattenti coraggiosi e feroci che abusano della loro grande forza per vessare il prossimo.

 


[1] Lett. mei Ma, “Ma del carbone”.

[2] L’edilizia tradizionale cinese – anche in caso di residenze nobiliari – predilige stanze di modeste dimensioni. L’uomo viene considerato l’elemento di riferimento nell’architettura e l’edificio gli è costruito “attorno” in rispetto degli ordini di grandezza. Per i cinesi locali troppo grandi, soprattutto negli alloggi privati, sminuirebbero il valore dell’essere umano che li abita.

[3] Altro nome di Yin Fu.

[4] Li Cunyi (1847-1921), nome pubblico Zhongyuan, originario del distretto di Shen nello Hebei, era un famoso maestro di xingyiquan nella Pechino di fine’800. Amico di Cheng Tinghua (1843-1900) si dice abbia appreso da lui il baguazhang (alcuni sostengono dallo stesso Dong Haichuan). Nel 1900 si unì alla rivolta dei Boxers e a Tianjin guidò i suoi allievi contro le nazioni occidentali. Fu soprannominato dandao Li – Li dalla sciabola. Cheng Tinghua, anch’egli probabilmente membro dei boxers (le notizie a riguardo sono tuttavia contraddittorie) morì per mano dei soldati occidentali nel 1900.